Uscire da Myspace

Hai una pagina MySpace? Ti trovi bene a casa di Rupert Murdoch? Ti piace far parte della grande famiglia della News Corp.?…non e’ solo una provocazione… πŸ™‚

 

* 1 I nostri interrogativi 
* 2 Come funziona 
o 2.1 Come e’ fatto 
o 2.2 Il design e l’efficienza 
o 2.3 Condizioni di Uso 
* 3 Copyright: Mettere la propria musica su MySpace e’ rischioso? 
* 4 Privacy/Controllo sociale 
* 5 Politica/Media: Chi e’ Murdoch e qual e’ il suo ruolo nell’attuale panorama mediatico 
* 6 Economia di MySpace 
o 6.1 Perche’ MySpace vale cosi’ tanto? Che guadagni produce? 
o 6.2 Gli inserzionisti pubblicitari 
o 6.3 MySpaceTelevision? 
o 6.4 Scenari – Siamo tutte modelle 
o 6.5 I motori di ricerca 
o 6.6 (da tradurre) Social integration by the media conglomerates 
* 7 Problemi Tech – I Worm e l’effetto-valanga delle reti di relazioni 
* 8 Esistono gia’ delle alternative ? 
* 9 Chi sta raccogliendo i nostri spunti di riflessione 
* 10 Ancora da leggere, classificare, riassumere, tradurre… 

I nostri interrogativi 

Durante la preparazione del DIY Festival del 2006 si diffondono i primi interrogativi a proposito di MySpace all’interno del giro delle distro che partecipano al festival. Ne viene fuori il desiderio di discuterne assieme durante la festa di Radio Blackout. Poi sulla mailing list di (L)eft, un sito dedicato alle autoproduzioni musicali libere, si inizia a parlare di allontanarsi da MySpace, di perché e di come farlo. 

Per ora abbiamo raccolto un po’ di informazioni su MySpace e le abbiamo assemblate in una pagina wiki. Riportiamo qui sotto la versione aggiornata stasera, pur sapendo che la riscriveremo e amplieremo ancora, fino a che non saremo contenti. 

Stiamo lavorando con autistici/inventati per fornire alle band interessate una serie di strumenti online che permettano loro di fare a meno di avere rapporti con il signor-News-Corporation…per quanto possibile πŸ˜‰ 

Fateci sapere cosa ne pensate: lasciate un commento qui sotto o meglio ancora partecipate al dibattito iscrivendovi alla mailing list di (L)eft

USCIRE DA MYSPACE 

Il portale di Murdoch, come molti altri servizi commerciali su internet, e’ apparentemente gratuito, ma in realta’ lo paghiamo molto caro. Lo paghiamo non solo tramite la pubblicita’ ma soprattutto con i dati che noi, i nostri amici e i nostri fans inviamo a ogni clic su MySpace, dando a una delle principali multinazionali la possibilita’ di analizzare e controllare i nostri gusti e le nostre amicizie – e di vendere i risultati al miglior offerente. 

Come funziona 

Come e’ fatto 

http://computer.howstuffworks.com/myspace.htm/printable – How MySpace Works (in inglese, buona spiegazione del funzionamento): Cos’e’ il Social Networking – La rete degli amici degli amici – Aspetti economici e fonti di introiti – Aspetti tecnici e infrastrutture – Apertura e utilizzo di un account – Ricerca tra gli utenti, i Forum e i Gruppi – MySpace Music – Sicurezza 
* La pagina di wikipedia: si veda in particolare la sezione Criticism_of_MySpace 

Il design e l’efficienza 

Brutto in apparenza, MySpace e’ in realta’ basato su un ottimo design. Il termine Design riguarda infatti non l’aspetto estetico ma il modo in cui qualcosa funziona. E MySpace funziona molto efficacemente: e’ il sito web che piu’ velocemente e’ passato da una bassa a una altissima visibilita’ e frequentazione. Anche se chi ci naviga non ne ha spesso una buona impressione estetica, MySpace fa quello che la gente si aspetta (mettere in relazione le persone) e lo fa molto bene, e la gente e’ contenta. Inoltre, dato che si punta molto sulla possibilita’ di personalizzazione della pagina da parte dell’utente, e’ perfino inutile cercare di fornire il design perfetto. 

* Ugly good design – http://www.weblogsky.com/archives/000926.html 
http://www.thinkvitamin.com/features/design/the-myspace-problem 
http://bokardo.com/archives/more-on-the-myspace-problem 

Condizioni di Uso 

* Modificate a fine giugno 2006 dopo la protesta di Billy Bragg – http://www.digitalmusicnews.com/yesterday/june2006#062906bragg 
http://collect.myspace.com/misc/privacy.html?z=1 
* IP address, profile information, aggregate user data, and browser type, from users and visitors to the site. This data is used to manage the website, track usage and improve the website services. This non-personally-identifiable information may be shared with third-parties to provide more relevant services and advertisements to members 
* "Third Party Advertising " – allows an ad network to deliver targeted advertisements that they believe will be of most interest to you 

Copyright: Mettere la propria musica su MySpace e’ rischioso? 

Billy Bragg di recente ha ritirato la sua musica dal sito Myspace.com. Nel suo blog l’artista inglese, famoso per le sue battaglie politiche e per la sua musica di matrice folk-punk-rock, si accanisce contro la giovane società di Rupert Murdoch. 

“Qualcuno con il quale lavoriamo è stato talmente intelligente da leggere la pagina delle condizioni che devi accettare per pubblicare su MySpace; ha trovato che una volta pubblicata la propria musica, essa appartiene a MySpace (aka Rupert Murdoch) e loro possono farci quello che vogliono, in tutto il mondo e senza pagare l’artista”. “Nel momento in cui pubblicate ogni tipo di contenuto, messaggi, testo, file, immagini, foto, video, suoni, profili, lavori di autori o ogni tipo di materiale su o attraverso il servizio, conferite in questo modo a MySpace una licenza non esclusiva, senza royalty, a livello mondiale per utilizzare, copiare, modificare, adattare, tradurre, utilizzare in pubblicità, vendere, riprodurre, trasmettere e distribuire i contenuti attraverso il servizio”. 

Immediate le reazioni del portavoce di Myspace.com, il quale ha dichiarato: "A causa della confusione causata dall’utilizzo di termini eccessivamente complicati c’è stata un po’ di confusione; adesso stiamo cercando di modificare i termini del contratto e chiarire che MySpace vuole solo permettere all’artista di condividere il proprio lavoro nel miglior modo possibile” – http://www.freakout-online.com/news.aspx?idnews=1725 

A fine giugno 2006 arrivano i cambi alla policy di MySpace, per cui TUTTI I DIRITTI RESTEREBBERO AGLI UTENTI (da verificare!) –http://www.digitalmusicnews.com/yesterday/june2006#062906bragg 

Privacy/Controllo sociale 

I siti di social networking come MySpace sono una della nuove frontiere del controllo sociale. Una mole sterminata di dati e informazioni e -quel che piu’ conta- di relazioni tra le persone. NSA progetta l’intercettazione del Web – http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1526853 

Un aspetto interessante: non tutto quello che pubblichiamo su MySpace e’ reale. Chi ci impedisce di creare account farlocchi con gusti farlocchi? etc., etc., etc… 

Le conseguenze impreviste della totale e pubblica condivisione di gusti, abitudini, immagini, pensieri. Cosa succede quando il preside o il datore di lavoro guardano la tua pagina su MySpace? ‘My space’ turns out to be ‘our space’ – http://www.newsregister.com/news/results.cfm?story_no=204457 

Gli spammer bersagliano gli utenti MySpace con messaggi di tipo promozionale, nei quali vengono offerti soldi in cambio di contatti e nominativi personali degli amici – http://punto-informatico.it/p.aspx?id=1534935&r=PI 

L’aviazione militare Americana “studia” i blog 

The age of privacy – Gen Y not shy sharing online — but worries about spying – http://sfgate.com/cgi-bin/article.cgi?file=/c/a/2006/05/20/MNGMFIVF4U1.DTL 

Ministry of Love, how may I direct your call? – http://blogs.siliconvalley.com/gmsv/2006/06/ministry_of_lov.html 

Politica/Media: Chi e’ Murdoch e qual e’ il suo ruolo nell’attuale panorama mediatico 

Murdoch: an emperor leading a revolution – http://observer.guardian.co.uk/business/story/0,,1799950,00.html 

Digger delves deep in his quest to find eternal youth in cyberspace – http://observer.guardian.co.uk/business/story/0,,1799951,00.html 

Economia di MySpace 

Perche’ MySpace vale cosi’ tanto? Che guadagni produce? 

Come puo’ MySpace valere oltre mezzo miliardo di dollari se non ha dietro un appropriato modello di business? La risposta e’ dati – informazioni – marketing. Qualsiasi dettaglio delle relazioni fra me e te. Gli articoli su cui ti soffermi, le band che preferisci, gli utenti che diventano tuoi amici. Il modo in cui una certa fascia demografica di utenti reagisce a quello che tu fai – Why Web 2.0 will end your privacy – http://www.bit-tech.net/columns/2006/06/03/web_2_privacy/1.html 

Gli inserzionisti pubblicitari 

La quantita’ di dati che MySpace ha registrato e continuamente registra relativamente ai suoi utenti -gusti, preferenze, affinita’, scelte- da’ alla News Corp. la possibilita’ di aggregare il pubblico in fasce come nessun altro – e di vendere queste fasce di utenti agli inserzionisti pubblicitari. MySpace puo’ diventare una colossale macchina da pubblicita’ e una minaccia per MTV, grazie anche alle altre acquisizioni compiute da Murdoch tra i servizi web piu’ appetibili per gli inserzionisti pubblicitari. 

* Of Social Nets & Business Models – http://gigaom.com/2006/06/19/of-social-networks-and-business-models/ 
* His Space – http://wired.com/wired/archive/14.07/murdoch_pr.html 
* News Corp. Likes Those Dot Coms Where The Kids Hang Out; Buys IGN – http://www.techdirt.com/articles/20050908/0346231.shtml 

MySpaceTelevision? 

Oltre che come bacino pubblicitario, MySpace puo’ essere visto come lo strumento della News Corporation per entrare in concorrenza con MTV. Dalla mente di Murdoch potrebbe nascere un canale TV/satellite dove convogliare l’utenza di MySpace – http://gigaom.com/2005/08/06/why-murdoch-bought-myspace 

Scenari – Siamo tutte modelle 

MySpace potrebbe essere un ambiente dove sperimentare nuove forme di pubblicita’, magari basate sulle reti di amici, sulla personalizzazione degli annunci o sulla produzione di annunci da parte di alcuni degli stessi utenti. 

Sfruttare la propensione creativa o la fame di celebrita’ degli utenti per ottenere spot, banner, messaggi pubblicitari che veicolano il messaggio di un cliente pagante – ricompensando gli utenti in termini di popolarita’. 

Per reclamizzare un prodotto, invece di sfruttare la costosa celebrita’ di un divo, si puo’ sfruttare la micro-celebrita’ di un utente presso la sua rete di amici, facendogli produrre un messaggio pubblicitario o ricollegando in altro modo a lui il messaggio. 

A parte la trascurabile presenza di chi si pone problemi di privacy e data la che stuzzicherebbe molte persone, in effetti ci possiamo aspettare che una forma di pubblicita’ di questo tipo prenda piede. 

Attualmente la pubblicita’ nelle pagine personali di MySpace sembra essere limitata a un imponente banner di apertura. Alcuni inserzionisti nutrono poca fiducia nell’accostare i propri brand a pagine con poco controllo editoriale e i manager di MySpace sembrano assecondare questo timore, affermando che da un punto di vista pubblicitario verranno valorizzati soprattutto gli spazi piu’ sotto controllo e ufficiali ("Books, Comedy, Film…"). 

Ma questo approccio potrebbe non essere soddisfacente. Probabilmente MySpace diventera’ molto redditizio solo quando si stabilira’ fiducia reciproca tra utenti e inserzionisti. Tenere gli inserzionisti fuori dalle pagine degli utenti non integrera’ i due soggetti, ma al contrario li terra’ separati. 

Uno scenario: 
* Una studentessa guarda la propria pagina. Osservando il video pubblicitario di una ditta di scarpe, riconosce nelle immagini una compagna di classe. Subito entra in chat con un’amica universitaria e le racconta cosa ha visto. L’amica le risponde di aver gia’ visto quello spot. Nel suo caso, la protagonista era una ragazza con cui lei frequenta l’universita’. 

Se i social network sono un nuovo mezzo per l’espressione di se’ e se sono regolati da un modello nuovo, dal punto di vista di chi fa i soldi con la pubblicita’ e’ importante individuare questo nuovo modello e applicarlo alla pubblicita’: dare agli inserzionisti la possibilita’ di interagire con gli utenti puo’ significare la costituzione di un rapporto e quindi di una mutua fiducia tra gli inserzionisti, MySpace e gli utenti. 

Questa mutua fiducia, moltiplicata per il numero di campagne pubblicitarie e per il numero di utenti, si propagherebbe quindi in tutto il social network (cioe’ all’interno di MySpace), e in un modo completamente naturale per il network stesso. 

Va notato che campagne pubblicitarie condotte in un modo come questo non potrebbero venire implementate in nessun altro mezzo di comunicazione – Of Social Nets & Business Models – http://gigaom.com/2006/06/19/of-social-networks-and-business-models/ 

(come? perche’ queste tutte menate di webeconomy e marketing? …forse perche’ ci va di guardare ai nuovi apparati per la lobotomizzazione πŸ˜‰ 

I motori di ricerca 

I motori di ricerca vanno alla conquista di MySpace – Se Google appare vincente ma dispersivo, Yahoo! e soci avviano strategie differenziate, mentre l’eclettica comunità di MySpace cerca un partner sofisticato – http://www.apogeonline.com/webzine/2006/06/23/01/2006062301602 

Murdoch sfrutta la popolarità di MySpace e cerca nelle concessioni ai motori di ricerca una ben più remunerativa fonte di introito – http://webnews.html.it/news/leggi/4272/murdoch-cerca-lasta-su-myspace/ 

Una percentuale non trascurabile del traffico in entrata verso Google (8%) proviene da MySpace. Per Google significano 400 milioni di dollari di entrate all’anno. In futuro MySpace potrebbe cercare un accordo con il motore di ricerca e monetizzare l’utenza che riesce a spingere verso Google – http://gigaom.com/2006/06/27/google-and-myspace-woulda-coulda-shoulda 

Secondo altre analisi, MySpace non e’ una fonte di veri introiti per Google, anche se costituisce un’importante fonte di visibilita’ per i video ospitati da Google Video –http://ecpm.typepad.com/clickety_clack/2006/06/time_to_call_bu.html 

(da tradurre) Social integration by the media conglomerates 

To some extent, AOL treated the Internet as a subset of its proprietary service, positioning itself as the gatekeeper to what they deemed valuable and worthy. This is precisely the way traditional media (especially Hollywood) views social media today. But just as the Internet was not a subset of AOL, social media will not become a subset of traditional media. In fact, social media will increasingly begin to compete directly with traditional media consumption. Yes, it is true that the media output produced and distributed by the audience itself will generally be of lower production value and quality. Even so, they will prove highly competitive to Hollywood products, as the personal engagement factor inherent in personal media outweighs any loss of production value – (…) – Social media will continue to take market share away from traditional media, regardless of whether the media companies participate or not – (…) – The media conglomerates should view social media much like they did the rise of cable TV. Cable eventually took half the market away from traditional broadcast TV, so the media conglomerates vertically and horizontally integrated their way into cable in order to buy back market share. They should do the same with social media by pursuing a strategy of social integration. Rupert Murdoch already made his first move, and it looks like NBC is about to take their first baby steps –http://gigaom.com/2006/07/11/the-rise-of-the-socially-integrated-media-empire/ 

Problemi Tech – I Worm e l’effetto-valanga delle reti di relazioni 

(…) Samy ha scritto del codice Javascript nonstandard (che però veniva eseguito lo stesso dai browser delle vittime ma ignorato dai filtri di sicurezza di Myspace), e l’ha piazzato nella propria pagina su Myspace. Qualunque utente di Myspace che visitava la pagina di Samy avendo attivo Javascript (cosa pressoché indispensabile per poter usare i servizi di Myspace) eseguiva automaticamente e inconsapevolmente il codice, che aggiungeva Samy alla lista degli amici del visitatore: questo normalmente richiede il permesso del visitatore, ma il codice scritto da Samy scavalcava la richiesta. Fatto questo, il codice virale si iniettava nella pagina Myspace del visitatore, così qualunque altro utente Myspace che visitava la pagina infetta si infettava a sua volta, e così via. L’effetto valanga è stato inevitabile – http://attivissimo.blogspot.com/2005/10/myspace-vittima-del-primo-worm.html 

Esistono gia’ delle alternative ? 

Mugshot e’ un sito analogo a MySpace realizzato da Red Hat, una delle principali aziende del mondo dell’Open Source – http://arstechnica.com/news.ars/post/20060531-6955.html 

Jamendo si basa solo su musica libera e (forse) offre alcune delle funzioni fornite da MySpace. 

Chi sta raccogliendo i nostri spunti di riflessione 

IL ROVESCIO DI MYSPACE – http://www.produzionidalbasso.com/blog/permalink/151.html 

dalla mailing list Hackmeeting: thread "calenda" – http://www.autistici.org/pipermail/hackmeeting/2006-June/000619.html 

bogianen.biz – http://bogianen.biz/2006/06/09/diy-myspace-e-hotmail – http://bogianen.biz/2006/07/05/progetti/ 

Ancora da leggere, classificare, riassumere, tradurre…AGGIUNGI QUI I LINK AD ALTRI CONTRIBUTI 

* Caccia alle streghe contro MySpace? – Now It’s Time For Summer Camps To Freak Out Over MySpace – http://techdirt.com/articles/20060622/1148229.shtml 
* La strategia di Murdoch e’ davvero cosi’ oculata e lungimirante come ripetono i media? – All Hail Lord Murdoch Of The Internet –http://techdirt.com/articles/20060207/1420230.shtml 
http://www.myspace.com/knowmorespace 
http://www.securityfocus.com/columnists/408 
http://www.theregister.co.uk/2006/07/03/us_govt_funds_online_snooping/ 
http://www.theregister.co.uk/2006/07/03/myspace_parenting/ 
http://technology.guardian.co.uk/news/story/0,,1811597,00.html 
* Congress Now Blaming MySpace For Troubled Children – http://techdirt.com/articles/20060711/1959221.shtml 
* Facebook, Myspace, etc. And Getting Hired ("as a state agency, recruiters accessed a guy’s Facebook account under the auspices of the Patriot Act") –http://www.lsus.edu/career/announcements_details.asp?ID=43 
* Raff posted his song Saturday, July 8 (…) eventually 2,500 people heard the song (…) then it was gone. On his site, Raff said he got a message on Tuesday, July 11, from MySpace.com: "MySpace has deleted your profile because we received a credible complaint of your violation of the MySpace Terms of Services" –http://www.publicknowledge.org/node/525 
http://mashable.com/2006/03/27/if-you-dont-get-myspace-youre-a-lametard – 
* Believe me: you can’t build the next MySpace. You may think you can, but you can’t. And don’t go thinking you can win by having more features: social software doesn’t work like that.* In the same way that you can’t beat eBay by charging lower fees, MySpace won’t be beaten by a feature-rich competitor. It’s a marketplace, and marketplaces need critical mass. You might be able to beat MySpace (and eventually, someone will) by disrupting their core business, but right now it makes more sense to build services that can ride the social-networking wave – in other words, feeding the MySpace beast – http://mashable.com/2006/04/19/feeding-the-myspace-beast/ 
* Everyone trying to compete with MySpace: this is the ticket. MySpace is going to keep pushing out, leveraging its enormous userbase to try to marginalize everyone offering a community for exchanging blogs, audio, and video. If there’s one hope for beating out the advantages of the massive MySpace community, it’s going to be building a distributed, collaborative social network that spans multiple sites. Bottom line: it’s time for social networking to break out of the walled garden – http://btwg.wordpress.com/ 
http://www.whatmyspacemeans.com

Fuga da Facebook

Di seguito in articolo tratto da repubblica su uno dei fenomeni sociali di internet di questo momento.

Fuga da Facebook

di RICCARDO STAGLIANO

Fuga da Facebook

ANCHE Bill Gates se n’è andato. Da quest’estate ha chiuso con Facebook. Ogni giorno, in media, ottomila sconosciuti volevano diventare suoi "amici". Un po’ tantini. Come se in un bar qualcuno volesse stringervi la mano ogni dieci secondi. Se qui siamo online, il fastidio non è meno reale. Ma la notizia ne contiene un’altra: cosa ci faceva, per mezz’ora al giorno (lui ossessionato dalle perdite di tempo, famoso per le corse all’aeroporto per imbarcarsi all’ultimo secondo) il fondatore di Microsoft nel sito di social networking più famoso del mondo? Voleva capirlo. Comprendere il perché di un successo planetario che a giugno ha fatto registrare il sorpasso sul principale concorrente, MySpace: 132 milioni di visitatori contro 115,7. Poi, oltre a una pletora di scocciatori, ha anche scoperto una quantità di bizzarri fan club che gli erano stati dedicati. Uno si chiamava "Faresti sesso con Bill Gates per metà dei suoi soldi?". Non l’ha fatto ridere e si è ritirato a vita digitalmente privata. Diventando il più famoso di un esercito di transfughi. In crescita. I delusi di Facebook. 

Al picco della popolarità gli abbandoni fanno più rumore. Tra dicembre 2007 e gennaio 2008 ventimila frequentatori francesi e 23 mila spagnoli, riporta Le Figaro, hanno cancellato il loro account. "Suicidarsi", è il gergo drammatizzante che si usa in questi casi. Evidentemente si erano stancati del loro "potere di condividere, per rendere il mondo più aperto e connesso", come il ventiquattrenne fondatore Mark Zuckerberg ha definito la sua creatura alla recente convention di San Francisco. Perché nel frattempo, scartato il giocattolo, si sono accorti di alcuni difetti. Cerano tutte le attività classiche. Una volta digitata la password, si poteva vedere dov’era e che faceva in quel momento una serie di vostri amici. Scoprire che alcuni avevano familiarizzato per merito vostro. Che un altro paio aveva cambiato la foto con cui presentarsi nella società telematica. E ancora, declinare un numero sempre troppo alto di inviti alla comunità di amanti del gatto o a quella dei lettori del Piccolo principe, come ricaduta transitiva del fatto che qualche vostra lontana conoscenza vi si era iscritta. Ma una volta entrati in questo circolo era difficilissimo uscire. Ancora pochi mesi fa Facebook era una trappola. Se decidevate che eravate stanchi di far sapere alla vostra cerchia di sodali virtuali dove vi trovavate, cosa stavate leggendo, quali acquisti avevate fatto potevate "disattivare" il vostro account. Lo mettevate in stand by, non lo spegnevate davvero però. Le vostre informazioni personali rimanevano sul server "per un ragionevole periodo di tempo", come recitava la clausola del sito. Alan Burlison, un ingegnere informatico britannico, piuttosto bravino con la tecnologia, ha provato di tutto per cancellarsi. 

Niente. E dopo lettere di fuoco al servizio clienti è riuscito a far rimuovere le innumerervoli tracce del suo passaggio solo spedendo ad alcuni responsabili del sito un link al video dell’intervista rilasciata a Channel 4 per denunciare l’accaduto. Come lui tanti altri hanno vissuto lo stesso calvario. E, con un cortocircuito tipico delle cose internettiane, era anche nato un gruppo di discussione interno a Facebook su "come distruggere permanentemente il tuo account" messo su da un ventiseienne svedese che a febbraio contava 4.300 membri. 

Un attaccamento così tenace al cliente, ai suoi dati personali piuttosto, si spiega col fatto che il sito guadagna vendendo informazioni demografiche e di comportamento online alle aziende di marketing. Anonime, aggregate, ma comunque preziose. Più schedature quindi (anche di utenti non attivi) uguale più soldi. Ma quando il risentimento ha toccato il livello di guardia la compagnia ha, molto discretamente, concesso l’exit strategy. La prima scelta è sempre "disattivarsi". Ma oggi, spulciando nella sezione "aiuto", spunta anche un bottone per fare hara-kiri virtuale. E sparire una volta per tutte. 
Se la vita è stata resa più facile a chi vuole andarsene, i rischi per chi resta rimangono. E la casistica di vittime di Facebook si allunga, facendosi sempre più variegata. C’è la compagnia di assicurazioni statunitense che, per negare un risarcimento di spese mediche al cliente, porterà in tribunale delle confessioni online che dimostrerebbero la causa emotiva e non organica dei suoi disordini alimentari. 

C’è il procuratore texano che, per provare la colpa di un guidatore che ha ucciso un uomo in un incidente d’auto, allegherà le pagine in cui dichiara "non sono un alcolista: sono un iper-alcolista". E non è necessario dire o fare cose di rilevanza penale per passare dei guai. Come sanno bene i 27 dipendenti dell’Automobile Club della Southern California licenziati per messaggi offensivi nei confronti di colleghi. Regolarmente scambiati – e letti – attraverso il sito. Stando a un sondaggio recente di Viadeo, un altro social network, il 62% dei datori di lavoro britannici darebbero ormai un’occhiata alle pagine di Facebook e simili prima dei colloqui. E un quarto dei candidati sarebbe stato respinto di conseguenza. Per Michael Fertik, presidente di ReputationDefender, la quota di bocciati per incontinenze internettiane negli Stati Uniti è addirittura del 43%. La sua società, a pagamento beninteso, setaccia la rete alla ricerca di potenziali fonti di imbarazzo. 

"È inquietante quante informazioni siano disponibili sul vostro conto in un social network – ha detto a Wired – e quante conclusioni, più o meno vicine alla realtà, vi si possano trarre". La totalità dei suoi dipendenti, confessa per niente contento, è su Facebook. E le figuracce di quando uno scopre che l’altro, la sera prima, è stato a un barbecue di un collega che invece si era guardato bene dall’invitarlo sono all’ordine del giorno. Ci sono gaffe ben peggiori, ovvio. Al punto che l’anno scorso l’esercito inglese ha mandato una direttiva ai suoi soldati al fronte proibendo loro di rivelare informazioni che potessero localizzarli temendo che Al Qaeda potesse intercettarle. Niente di più facile, in effetti. Potremmo farlo tutti, senza avere né un particolare talento di hacker né di 007. Basta avere un "conto" per entrare e dare un’occhiata. Spionaggio elettronico al quale anche i genitori si sono rapidamente riconvertiti. Una volta rovistavano nei diari dei figli per scoprire ciò che loro gli volevano nascondere. Oggi possono sapere molto di più, rischiando molto meno di essere beccati in flagranza. 

Ti iscrivi, cerchi il nome del pargolo e scopri cosa dicono, pensano e fanno lui e la banda dei suoi amici. Un’autobiografia collettiva a portata di clic. 
Perché quel che sorprende è ciò che gli esperti chiamano il "paradosso della privacy". Succede che, come ha spiegato l’economista della Carnegie Mellon George Loewenstein, quando lui e i suoi ricercatori hanno posto domande delicate a un gruppo di studenti dando forti garanzie di riservatezza ha risposto il 25%. Quando neppure si nominava la riservatezza, si confidava oltre la metà degli intervistati. Non evocare rischi li aveva resi più tranquilli, meglio disposti. Il contesto poi fa la differenza e pochi, di fronte al pc, sentono minacciata la loro privacy. Sbagliando, ovviamente. Ma è un dato di fatto che solo un quarto degli utenti di Facebook utilizzi i controlli per graduare quante informazioni sul proprio conto gli altri possano consultare. Non si pongono il problema, oppure non sanno come utilizzarli. E restano nudi nel cyberspazio. 

Una circostanza che non impedisce a Facebook di crescere impetuosamente. "Mario Rossi added you as a friend…" è una delle intestazioni più frequenti nel nuovo spam che intasa le nostre caselle elettroniche. Non sappiamo bene perché, ma quando qualcuno ci invita accettiamo di far parte del club. D’altronde uno dei boss della compagnia, il futurologo neocon Peter Thiel, è un grande fan del filosofo di Stanford René Girard, teorico del "desiderio mimetico". Banalizzando: la gente segue quel che fa il gregge, senza tanto riflettere. Il motore immobile di tanti successi commerciali. Nel mondo reale come in quello virtuale. 

(27 agosto 2008)

Ancora pulizie!

Anche quest’anno tarderemo un po’ la programmazione e i progetti perche’ abbiamo nuovamente accumulato troppo trashware…

Se qualcun@ volesse approfittare siamo lieti di donare gran parte dell’hardware che potete vedere arroccato all’interno del f-hacklab…

Finite queste pulizie avremo lo spazio per mettere in piedi la saletta per la navigazione in internet, la macchina per il retrogames con le manopole autocostruite, il cluster sperimentale che sono purtroppo incastrate dall’avanzo di hardware…

Vabbe’, che dire, al prossimo aggiornamento!

Daje!

Trashwarez!

Da sempre il laboratorio si basa sul trashware per quanto riguarda i rifornimenti di hardware, ora che abbiamo avuto dei lunghi periodi di pausa questo hardware si e’ accumulato occupando gran parte delle superfici piane del f-hacklab.

Vorremo liberare un po’ di spazio e per evitare di rendere vano il nostro sforzo di recuperare strumentazione obsoleta confidiamo nella vostra collaborazione e ci auguriamo che veniate a vedere cosa c’e’ che vi puo’ interessare.

Tanto per darvi un’idea abbiamo schede madri funzionanti e da testare, schede isa, pci e agp funzionanti e da testare. Hd, cd-rom e floppy funzionanti e da testare. Unita’ a nastro funzionanti e da testare. Ci sono ventole, mouse, tastiere, pc-speaker, alimentatori, cavi piatti e cavetteria da front panel…

Trash - Schede Madri Trash - Ide Cables Trash -Tastiere

Abbiamo qualche vecchio apple da regalare, due dovrebbero funzionare, uno mi pare fosse guasto e l’ultimo ha un problema con l’hard-disk, immagino risolvibile…

Apple - LC475  Apple - LCIII Apple - LC630 Apple - Performa 5600

Abbiamo un AS/400, che e’ solo un bel mobile nero e che se nessuno lo vuole forse finira’ i suoi giorni su ebay…

AS400 - Fronte AS400 - Retro

Comunque, senza stare a fare un elenco che magari non sara’ ne’ mai completo ne’ mai esaustivo del materiale che c’e’ vi diciamo che ci sono anche dei pc (sempre di vecchia generazione) pronti e funzionanti che non ci servono…Quindi se volete aprire un hacklab dalle vostre parti sapete da chi prendere un po’ di materiale! πŸ˜‰

Perche’

Il perche’ oltre a quello gia’ accennato, ovvero di
voler partecipare ad un progetto di calcolo distribuito non solo
"localmente" ma anche geograficamente, e’ sicuramente quello di voler
riutilizzare vecchio hardware (ma non solo) per poter dare ad altri la
possibilita’ di sfruttarlo e non solo a noi che lo recuperiamo…Il
cluster sara’ alla fine configurato per eseguire il rendering delle
scene 3d con povray o yafray come consigliano sul sito dell’underscore,
sara’ configurato per la compilazione e per altri tipici servizi dei
sistemi di calcolo parallelo. Probabilmente quando non avra’ nulla
dafara girera’ qualche client di boinc per donare un po’ di potenza a
qualche altro progetto…

Come

Abbiamo recuperato dodici computer piuttosto simili, tutti della stessa
serie da una scuola che li stava buttando come rotti. Dopo averli
puliti e controllati almeno 8 di loro erano funzionanti e identici 4 a
4. Infatti 4 sono dei p2 350Mhz con 128mb di ram e gli altri 4 sono dei
p3 500Mhz con 256mb di ram. Anche se effettivamente sono un po’
vecchiotti e di potenze oramai impercettibili, abbiamo voluto provare
data la disponibilita’ e l’omogenita’ di macchine. Come node master
abbiamo usato un vecchio portatile con lo schermo rotto che ci hanno
regalato, un p3 700mhz con 198mb di ram. Per partire abbiamo pensato di
usare qualche livecd di linux, cosi per iniziare a familiarizzare con i
software che poi andremo ad usare (ancora oggi abbiamo ognun@ in mente
diverse preferenze su quali software scegliere!!!). Siamo partiti
provando chaos 1.5 una distribuzione minimale che una volta bootato il
nodo, espelle il cd e quindi si possono bootare gli altri nodi con un
solo cd. Abbiamo anche provato clusterknoppix, quantian,
parallelknoppix (ora pelicanHPC) e in pratica pensiamo che useremo
debian ritoccata da noi alla fine….a differenza dell’underscore che
usa slackware, ma non e’ mai detto! Non si sa mai che cambiamo ancora
una volta idea e bootiamo slack!
Ora abbiamo 8 nodi collegati
assieme da uno switch 10/100 e un node master con due schede di rete,
una verso lo switch del cluster e l’altra verso la nostra rete pubblica.

Cruster - Fronte Cruster - Retro

Quando

Abbiamo iniziato a sentire parlare di cluster di pc quando usavamo le prime volte dynebolic,
che fino alla versione 1.4.1 generava un cluster ad hoc con tutte le
postazioni bootate con il cd di dyne nella stessa rete. Lo abbiamo
sfruttato "inconsapevolmente" tantissime volte nella saletta pubblica
del fhl dove le postazioni erano tutte nella stesso range di ip e tutte
bootavano con dynebolic. Piu’ avanti ci siamo interesasti a
pubblicazioni in internet e degli articoli della lista di hackmeeting,
finche’ ci siamo imbattuti nei progetti hackgrid e hacknet a cui
partecipano l’underscore di torino e il null-lab di barcelona
e a cui u giorno piacerebbe partecipare anche noi, visto che un
progetto di vpn fra hacklab/medialab, anche se in parte accantonato, lo
avevamo gia’ sperimentato pure da queste parti. Quindi non avendo
ancora chiarezza sugli strumenti, stiamo facnedo le nostre prove…